Nell’oscuro d’una stanza chiusa
senza andare si muove la belva,
come a voler rileggere se stessa,
appassisce nel ripeNtere l’uguale.
Fugge il riflesso della vita altrui
ignora il suono d’infiniti altrove,
nutre l’assenza come per salvezza
da chi dell’esser vivo sente il sale.
Quasi da inconsapevole s’uccide
chi resta chiuso alle diverse vite,
chi non corre per le ignote strade
e avaro non si mescola all’altrui.
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