Per chi la pensa come me l’uomo è un animale, diverso per molte cose ma pur sempre tale.
Un uomo del tempo che fu, uno di quelli che da poco si era sollevato, distinguendo le mani dai piedi, uccideva, doveva farlo per vivere, uccideva altri animali, talvolta i suoi simili per quella lotta dura che è la vita, per la sua natura quindi, la “cattiveria” è insita nell’animo umano.
Era una fatica uccidere, una fatica del corpo, della mente e dello spirito, che cominciava a parlare. Quel dolore, dato e provato insieme, creò rituali, regole che si mescolavano con l’istinto. L’istinto stesso imponeva come ancora impone che non si uccidesse il prossimo. Il prossimo, inteso come vicino di sangue e di spazio. Col tempo, nel crearsi delle etiche religiose, ci fu un comandamento: ama il prossimo tuo come te stesso; e il remoto? il lontano di sangue e di spazio?…non pervenuto.
Da quel tempo ad oggi abbiamo imparato che far male o uccidere il prossimo è contro la natura e, per chi crede, contro Dio.
L’uomo del tempo che fu non poteva uccidere il “remoto” la sua vittima era “prossimo”, doveva guardarla, doveva usare le mani, vedere il dolore…provarlo egli stesso.
Poi ci furono le lance, le frecce, pistole, fucili, cannoni, bombe, strumenti di morte remota, spedita su volti ignoti, strumenti di morte più facile, schiacciata su occhi non visti.
Un senso della colpa che diventa più sfumato.
Terribile la morte remota di oggi, quella spedita con l’indifferenza, l’ignoranza costante dei rapporti di causa-effetto, i poteri smisuratamente amplificati dei comandanti.
Continuano ad uccidere le mani, le lance, le frecce, le pistole, i fucili, le bombe…ma, insieme a questi, altri strumenti di morte si accumulano su questa crosta di mondo.
Pochi dei moderni assassini, quelli che con le decisioni possono dare morte di massa, sarebbero in grado di uccidere un singolo uomo con le proprie mani…perché azione percepita come assassinio, un crimine, un peccato.
Chi insegnerà al mondo globale l’etica del remoto, quella che dica cosa fare per non dare del male, per non uccidere chi ci è lontano nel sangue e nello spazio?
Chi ha ucciso le migliaia di naufraghi del mediterraneo?
Chi è responsabile, in quota parte più o meno importante, di tali orrori sta facendo i conti con la propria coscienza?
Ci sono molte cose nuove da imparare.
Poi ci sono le parole, il cui peso talvolta non viene sentito, non mi soffermo, per esempio, sull’efficacia o giustizia del chiudere i porti (di fatto altro non si è fatto, non una legge non un accordo efficace col resto d’Europa) ma sull’irresponsabile leggerezza con cui un ministro parla quotidianamente al suo popolo fragile di etica e cultura, sollevandone orgogliosamente la radice “cattiva” che noi tutti abbiamo.
Sono passati 40.000 anni dal vedere un uomo sulla terra, ed oggi il male non sembra essere diverso da quello delle caverne.