Era stanco più che mai
di volar da solitario
in un cielo troppo grigio
sempre fuori d’ogni tempo.
E nel sole ormai calante
in un giorno di tormento
ben lontano da sue mura
fermò l’ali e giù picchiò.
La foresta se lo prese
nel fragor di mille voci
tutte vite assai diverse
foglie, legni, piume e peli.
Era un drago dissennato
che curioso s’inoltrava
nei sentieri dell’ignoto
pur di ritrovarsi ancora.
Che dell’essere animale
certo tutto, non sentiva
e che umana forma fosse
certo dire non poteva.
Si sentiva mescolanza
sia di vero che mistero
come fosse a figurare
una sorta di memoria.
Si sentì poi d’improvviso
come d’essere osservato
quindi cauto stette fermo
per rivolgere lo sguardo.
Poi si mise a ricercare
dentro il verde di quei rami
fino a scorgere il colore
d’una pelle senza veli.
Si mosse al suo incontro
eccitato ad ammirare
di capelli una cascata
era il corpo d’una ninfa.
S’incrociarono gli sguardi
d’emozione e di spavento
che dell’esser sì diversi
si dissolse ogni misura.
L’impossibile all’istante
di quel sogno surreale
nell’esplodere dei sensi
volle più non esser tale.
Due creature solitarie
viste fuori d’ogni tempo
si coinvolsero in carezze
per il breve d’un momento.
E null’altro si poteva
per l’amaro lor destino
che quel sogno farsi vivo
per un attimo infinito.
Lunghe e rosse furon l’ore
d’una notte senza luna
a coprire quell’amplesso
di due vite or fatte una.
Ed il giorno nuovo venne
su quel luogo degl’incanti
ma dei misteriosi amanti
nulla traccia mai si trovò.
10 ottobre 2014