Ora mi resta di traverso
il troppo tempo che ci vuole per capire
quel troppo che non ho capito
e quello ancora che poi non capirò.
Mi resta di traverso
l’angusto confine del mio sguardo
il sogno dei luoghi rimasti lontani
le anime lasciate nascoste dietro i volti.
Non mi perdono
la perenne incompletezza
la tristezza delle mie opere monche
e l’oblio che già ormai le ricopre.
M’inginocchio
davanti alle vittime del mio piacere
dell’inconsulto falso amore
che le ha rinchiuse dietro vetri e sbarre.
Chiedo perdono
per la distrazione e l’assenza
per le carezze ed i baci che non ho dato
per lo sguardo distolto a non soffrire.
Eppure mi stupisco
della devozione ricevuta da una donna
del suo amore che mi ha vinto
domesticando la mia stessa natura.
Ebbene ugualmente ringrazio
questo mio errare stando fermo
quasi fossi un ossimoro perenne
che se altro io fossi
non questa donna accanto
non questo figlio
non questo luogo e questo tempo
e questi amici pazienti
e questo stesso scritto
ci sarebbero mai stati.
26 settembre 2016