Il valore delle cose (ovvero un cane sana)

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Parlavo qualche anno fa con l’allora Preside della mia Facoltà,
uomo burbero ma colto, fra le massime esperienze al mondo dell’allevamento bufalino, parlavamo del futuro della nostra scuola e di quanto fosse difficile metterci dentro tutto, dell’importanza delle materie vecchie e delle nuove che incombevano. Mi colpì, con un po’ di amarezza, l’idea che lui aveva dei diversi valori connessi, in cui le produzioni e la sanità degli alimenti di origine animale erano viste come cosa d’interesse pubblico, mentre la cura degli animali da compagnia fosse cosa invece di valore privato, tanto da non necessariamente essere insegnata a spese dello Stato. Dissentii profondamente.
Il tempo mi ha consolidato l’idea che classificare i valori delle cose che ci circondano nella vita sia cosa tanto relativa da metter tutto, o quasi, sullo stesso piano.
Ritornando a quella discussione mi viene di far riflettere che, durante la crisi questi anni, il mercato relativo agli animali da compagnia ha subito meno flessioni di molti altri settori, ora come la mettiamo?
Io che son poeta, non saggista, nemmeno giornalista, sedicente uomo di scienza di nessun valore, la voglio spiegare così:
nella dispersione affettiva di una società ingorda e brutale, in cui ogni valore è stato inquinato dal denaro e dal consumo, un animale in casa è spesso la ciambella di salvataggio di un naufragio; quante solitudini sono state vinte dal legame naturale che un cane sa offrire senza nulla chiedere?
La mia domanda è: conta più la salute di quel cane o la presenza e sanità di una bistecca sul tavolo?
Un cane o un gatto in casa sano e felice è salute pubblica! e non tanto perché ci sono le zoonosi ma perché valgono tanto di più di una compressa di Prozac!

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