Natale 2017
Qualche giorno addietro ho vissuto una cruda discussione, da un lato io e mia moglie Patrizia dall’altro mio figlio Gaetano, unico ahimè, il motivo: l’esser famiglia, la presenza e la reciproca partecipazione agli accadimenti ed alle aspettative di ciascuno.
Mi chiederete cosa c’entri questo col Natale e vi rispondo che c’entra e pure molto, se come me, tra credenti e non, identificate questa festa come la celebrazione degli affetti famigliari.
Ogni giorno la gran parte di noi corre, spesso da mattina a sera, il lavoro, e quanto ad esso consegue, impera nei nostri ritmi di ogni giorno e spesso, per alcuni, deborda ogni limite lecito. Per i più fortunati, se così si può dire, molte funzioni dei doveri domestici vengono delegate a governanti e bambinaie.
E i figli? nella loro e nostra inconsapevolezza, pagano un prezzo la cui misura è difficile comprendere e se questo accade è solo quando ormai è spesso tardi.
E’ pur chiaro che il problema assume significati diversi nelle diverse stratificazioni economico sociali, di fatto resta che il problema c’è per il ricco come per il povero, per il colto e per l’ignorante mentre il supporto “sociale” è quantitativamente e qualitativamente insufficiente.
Richiamati dal denaro o dalla realizzazione personale diventiamo sordi ai veri richiami della natura e se la famiglia non si sfascia quantomeno si snatura.
Restano rari e piccoli frammenti di condivisione e dialogo, si arriva fin quasi a diventare perfino un po’ estranei gli uni agli altri, col ripetersi quotidiano degli stessi riti spesso vissuti nella solitudine delle proprie più intime passioni.
A me capita addirittura di spendere il danaro nei miei costosi giocattoli quasi come fosse un risarcimento alla fatica accumulata ed al tempo sottratto, ma non è questa la via.
E’ Natale ed ancora ogni anno ci affatichiamo puntualmente a riempirlo di dovizia, quando potremmo star anche meglio se faticassimo di meno e ci parlassimo un po’ di più ma questo è il rito a cui ci hanno inestricabilmente avvinto i meccanismi della nostra bella civiltà.
Il mio sogno natalizio “protocristiano” o “paleocomunista”, a seconda di come volete leggerlo, è un mondo con un po’ meno lavoro ma con un lavoro per tutti, perché non posso pensar di tornare a quel che era il modo prevalente dei tempi dei miei genitori con la mamma in casa, non sarebbe giusto. Vorrei invece più tempo ed energia disponibili per un padre ed una madre in modo da vivere la calma ed il bene della famiglia.
Il mondo invece continuerà a girare, nel modo che i tiranni occulti del nostro tempo hanno deciso e a noi resteranno soltanto frammenti del bene che incoscientemente abbiamo gettato, in una corsa senza senso.
E’ Natale e, come fosse una letterina simile a quella coi brillantini che scrivevo da bambino e mettevo poi di nascosto (si fa per dire) a tavola, sotto il tovagliolo di mamma, faccio la mia promessa ribaltata, ad un figlio che troppe volte ho lasciato solo:
figlio mio, anche se è tardi e nulla potrà risarcirti delle cose che non ti ho dato, oggi posso e voglio esserci di più, quindi proviamo a far meglio quello che ci resta da stare insieme;
sono certo che tua madre non vorrà sentirsi da meno in questo patto e farà anche lei la sua parte.
Sarà difficile ma se ci vorremo metterci tutta la nostra buona volontà qualcosa di buono potrà venirne.
L’ho messa sul personale stavolta ma non ho dubbi che tanti, tra coloro che leggeranno queste righe, riconosceranno nei propri trascorsi esperienze, pensieri e proponimenti non diversi.
Buon Natale a tutti e stavolta con uno sguardo un po’ più rivolto a ciò che veramente vale.
24 dicembre 2017
è un prblema che, chi più chi meno, abbiamo tutti noi genitori della nostra generazione; hai fatto bene a scrivere questa lettera che mi da coraggioper continuare sulla strada che sto tentando di riprendere, la metà sarà quella di riavere mio figlio !
sapevo che raccontare il personale in questo caso avrebbe trovato mille sponde…auguriamoci tutto il bene su questa strada