C’è un modo pericoloso, e direi sbagliato, di affrontare il dato dell’esistenza della diversità, un modo che determina puntualmente l’insorgenza di discriminazioni e sopraffazioni.
La diversità è un dato oggettivo ed è tra le cose più essenziali della natura, senza la diversità nulla sarebbe stato di ciò che ogni giorno vediamo in ciò che è vivo.
La diversità è geneticamente determinata ed ambientalmente incrementata in rapporto ad innumerevoli variabili.
La comparsa del sesso è stata strumento straordinario di rimescolamento delle carte ed incremento della diversità stessa. Non mi dilungo ancora, seppure mille e mille sarebbero gli argomenti utili a dimostrare l’imprescindibile importanza della diversità.
Torniamo all’assunto iniziale, dov’è l’errore? Dove il pericolo?
Semplice! Nel giudizio che, in buona e molto spesso in malafede, sistemi di pensiero e culture attribuiscono alle “diverse” categorie.
Migliore-peggiore, superiore-inferiore, classifiche e barriere…questo l’errore, come ugualmente è errore pensare che le differenze non esistano.
Mi ha addolorato leggere del Prof. Watson, un mito della mia adolescenza, lo scopritore con Crick del DNA, caduto, seppure in obnubilamento senile, nel dichiarare l’inferiorità intellettuale dell’umanità di pelle scura.
Non c’è bisogno di studi scientifici per dire che i neri sono mediamente più veloci a correre ma che difficilmente superano i bianchi nel nuoto, è semplicemente una questione di attitudini.
Misurare l’intelligenza si basa su parametri, certamente fallibili, che valutano attitudini parziali rispetto alle molteplici, e spesso poco conosciute, potenzialità della mente umana.
Maschi e femmine sono diversi oltre ogni ovvietà, nel corpo come nel modo in cui funzionano le loro menti ma questo non deve mai essere messo in classifica. Questa diversità, tra le più ancestrali che la natura abbia prodotto, propone semplicemente attitudini diverse, tutte ugualmente importanti ed utili. Nei test d’ingresso ai corsi di studio universitari a numero chiuso si osserva costantemente la prevalenza del genere femminile, questo non significa che le donne siano più intelligenti, sono semplicemente più adatte a quel genere di prova.
Io, che son veterinario, ho affrontato ed affronto quotidianamente la consistenza delle differenze razziali ed individuali con minori vincoli etici e filosofici, con qualche pretesa in più di oggettività. Se dovessi negare le differenze attitudinali e comportamentali geneticamente determinate dovrei insultare la mia intelligenza. Accetto le diversità come un bene necessario all’adattamento funzionale, essenza della perpetuazione della vita alle differenti condizioni ambientali.
Tutte le classifiche e le pretese superiorità sono chiacchiere furbette, nate allo scopo di consolidare poteri troppo spesso usurpati e qui mi fermo.