Sono ormai giorni che il caso Weinstein campeggia sulle pagine dei giornali e nei post social, come se d’improvviso si fosse sollevato il velo dell’ipocrisia a mostrare ciò che si poteva per certo immaginare.
Una delle tante miserie umane che a sua volta ha scatenato le voci di altri miserabili che come al solito lanciano i loro strali dal sicuro delle proprie stanze e coperti da un anonimato di fatto e di pensiero.
Non credo che il centro del problema sia il porco assatanato o la capacità o meno del dire no di una giovane attrice, il problema è sempre uno ed uno solo, la violenza del potere.
Sono mosche bianche rarissime, nella mia memoria, le persone che in posizione di preminenza non la usino al di fuori del lecito. E’ la natura umana con cui non abbiamo ancora imparato a fare i conti, cambiano gli scenari ma il copione si ripete inesorabilmente.
Nelle famiglie, sui posti di lavoro, nelle strade, ovunque il potere trasforma o meglio estrae dal pozzo nero della nostra storia la natura violenta e l’abuso.
Se poi alcune forme siano più eclatanti ed evidenti ed altre più oscure e per questo insidiose sarebbe poca cosa se non fosse per il fatto che le vittime di queste ultime soffrono nel silenzio dell’oblio.
Questo per dire che chi usa il potere per il proprio beneficio, qualunque esso sia, e non per le finalità legittime di quel potere conferito è sempre e comunque un miserabile attore di un atto spregevole mentre la sua vittima, vittima resta, qualunque sia la scelta che farà di diniego o di consenso.
Poi v’è da dire che le fonti del potere sono tante, il denaro in primis ma anche la posizione sociale e perfino il sapere, la cultura e la bellezza.
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