Ferma il tempo quel braccio di mare,
si ferma, con esso, quell’ansia malata,
riemergono i sensi, sopiti, sepolti,
dissolti nel frastuono della melma urbana.
Vivo l’isola, è un ritmo diverso.
Respiro, vedo, tocco, annuso, ascolto,
sento segni, ogni volta uguali, diversi,
familiari ad una memoria che sempre riaffiora.
Il ricordo trasfuso ritorna presente,
si confonde il reale col sogno.
L’odore di ferro delle bitte in porto
sfida il tanfo di pesce, di alghe arse al sole,
delle reti ammucchiate in banchina
ma se sto attento io sento il sudore
sui panni stinti e lisi dei pescatori.
I colori d’acquarello sulle morbide case
mi avviano alle strade, e cerco l’eco
del primo pomeriggio, della notte,
nei vicoli, sgombri d’auto e d’umani.
Nel ricordo, la musica di cavalli e carrozze.
Scoprii il silenzio sull’isola, nella notte.
Imparai i venti, che scuotono, accarezzano
il suo basso profilo, come stella di mare.
Sento le raffiche, figlie di quell’incontro,
che inquietano sempre l’azzurro d’intorno.