Procidani e “furastieri” di Mimmo Coppola

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 Prendo spunto da una discussione avuta qualche giorno fa, una delle tante dispute che si consumano in fb. Brevemente: si discuteva di decoro urbano e, qualcuno, forse animato da agone politico, forse da antipatia nei confronti dei procidani, forse da qualcos’altro, muoveva una serie di critiche che, personalmente, ho trovato ingenerose e faziose. Soprattutto offensive, maggiormente perché la persona in questione è uno dei tanti anonimi che infestano il web. Cose di piccola sostanza direte, ma qualcosa mi ha spinto a fare qualche considerazione. Ad un certo punto, tra i vari commenti ne spunta uno di una persona che sicuramente è di grande intelligenza, che ha dato e da prova di grande creatività e spirito di osservazione, uno che frequenta Procida da quando è nato, ad un certo punto, esordisce con questa frase: “… Straordinaria questa discussione medievale che guarda l’Europa che divide procidani napulitani e furastieri…”
Me ne dispiaccio da subito e subito il mio pensiero va ai tanti amici napoletani che da sempre frequentano quest’isola. Mi chiedo: possibile che sia così difficile spiegare e far capire cosa è accettabile come critica e cosa invece diventa offesa gratuita alla dignità delle persone e di una intera comunità?
Anche quaranta anni fa, a Procida, venivano i “furastieri”. Certo non con l’attuale intensità e frequenza ma, venivano. La Chiaiolella nei mesi di luglio ed agosto si trasformava, si riempiva di gente, di barche, i locali aprivano per poi chiudere solo alla fine dell’estate e noialtri, ragazzi dell’isola, facevamo conoscenze, amicizie e amori con i giovani villeggianti. Ebbene, molte di quelle persone avevano eletto Procida quale patria adottiva, scegliendola e preferendola a mete ben più ambite. Per una ragione semplice, semplicissima: essi si erano innamorati di questa isoletta. Innamorati al punto di comprenderla, a volte anche più di chi ci era nato, al punto da portarle il massimo del rispetto, all’isola e alla sua gente. Cito per tutti Gennaro Magliulo e Vittorio Pandolfi. E cito anche la generazione successiva, i figli, che all’epoca erano ragazzi come noi: Massimo, Francesca e Giorgio, Monica e Maurizio, Francesco, Donatella, Maria, Michele e tantissimi altri che, non si offendano se non ne faccio i nomi ma, l’elenco sarebbe troppo lungo ed inoltre, la mia memoria finirebbe per tradirmi, già che credo di non riuscire a ricordarli tutti.
E se ancora non bastasse, per chiarire cosa intendo quando dico capire e amare l’isola, invito a leggere quel che scrive Francesco:
Ebbene, dove è, oggi tutto questo? Arrivano persone che non sanno nulla: dell’isola, della gente, del tempo che ha forgiato uomini e cose, le quali pretendono di giudicare attraverso le lenti del loro vissuto, per mezzo dei filtri che, solitamente, adottano nelle loro città, nei loro quartieri. Si definiscono turisti. Sonno gli stessi, perfettamente omogenei, che infestano (esatto uso proprio questo termine, con consapevolezza) Venezia, Firenze, Roma e tutta la bellezza di questo mondo senza trarne nulla. Gente che “consuma” questi luoghi, che riporta dai suoi giri trofei rischiosissimi da cogliere: calamite! I più arditi non si accontentano e portano via pezzi di monumenti, sabbia, ciottoli levigati dal mare… Tutto ciò che si può depauperare o tutto ciò che si può comprare praticamente dappertutto nel mondo senza spostarsi di un metro: dal cinese sotto casa!
Con questo non sto paragonando Procida a Venezia, nè, tantomeno, sostengo che il mio paese sia privo di criticità ed abitato da persone tutte perfette, sto solo rimarcando che, gente che sta qui poche settimane, a volte pochi giorni soltanto, con somma arroganza, giudica, dice la sua, contesta ricette, azioni, progetti e stabilisce come e quanto si dovrebbe circolare, come dovrebbero essere le case, le vie e via dicendo di questo passo. Senza dimenticare che un numero consistente di abusi, stravolgimenti architettonici ed appropriazioni di territorio demaniale per la costruzione di discese a mare illegali con annessa villa abusiva sono state opera di alcuni arricchiti provenienti dalla terra ferma a cominciare proprio dagli anni settanta (se qualcuno ha memoria corta posso provare a fargli ricordare)
Chi mi conosce sa bene che non sono affatto tenero nel descrivere i mali di questo territorio. Sa anche molto bene che non ho pregiudizi rispetto alla provenienza delle persone. I numerosi amici napoletani mi sono testimoni. Ma quando qualcuno pretende che i muri delle facciate siano tutti tirati a lucido, che l’erba debba essere rimossa ogni quindici giorni, che la monnezza debba essere raccolta in modo continuativo e soprattutto a sua comodità, che il traffico debba essere regolato a suo piacimento, che tutta l’organizzazione sociale debba girare in favore (esclusivo) del turismo anzi, meglio ancora, in favore (particolare) suo, io mi ribello. Quindi gli chiedo da dove provenga costui e, mi perdonino gli amici napoletani, mi perdonino anche le persone perbene che pure sono numerose a Napoli ma io, a costoro, rispondo che non accetto lezioni da chi, nella propria città, tollera e consente che ci si faccia beffe della legge ostentando l’impunità nel girare su motocicli di ogni genere senza casco, o a tre e più persone per volta; non accetto lezioni da chi dimentica con grande facilità quanto degrado esiste in alcuni quartieri della città, quanta tracotanza in alcuni atteggiamenti da bulli e quanta soperchieria in quelle persone che si atteggiano a furbi più furbi. Nemmeno le accetto (le lezioni) da chi, arricchito malamente, ormeggia la megabarca nel porticciolo della Corricella, davanti ai tavoli di qualche ristorante, magari a meno di due metri di distanza e, vergognosamente, fa la doccia in barca esibendosi in uno spettacolo indegno e, naturalmente, scaricando direttamente in mare l’acqua insaponata. Da questi vandali maleducati non accetto lezioni di alcun genere e mi auguro che lo facciano anche i miei concittadini e, soprattutto, anche i “forestieri” che questa isola la amano veramente.
P.S. la filippica non è ad uso esclusivo dei napoletani, loro hanno il torto di essere soltanto più numerosi vista la distanza ma, so bene che di stronzi, ne è pieno il mondo.
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